Svezia

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In Svezia, la principale fonte identificata di emissioni di PFAS deriva dall’uso di schiume antincendio durante gli esercizi antincendio. L’utilizzo smodato di queste sostanze ha causato livelli elevati di PFAS nelle acque sotterranee, superficiali e potabili a livello locale. Nonostante non ci siano imprese adibite alla produzione diretta di PFAS in Svezia, alcune aziende utilizzano queste sostanze nella produzione di vari prodotti, il che può portare a emissioni. È possibile che le fonti di inquinamento provengano dalle emissioni dagli impianti di trattamento delle acque e dagli inceneritori di rifiuti, oltre alle perdite dalle discariche. Inoltre, la deposizione atmosferica contribuisce all’aumento dei livelli di PFAS nell’ambiente svedese. La rimozione della contaminazione da PFAS dall’acqua e dal suolo si è dimostrata una sfida e per quanto riguarda il trattamento delle acque potabili in Svezia ci sono dei metodi disponibili per rimuovere alcuni tipi di PFAS tramite dei filtri a carboni attivi che però sono parzialmente e selettivamente efficaci. Tuttavia, la rimozione di queste sostanze dal suolo è più complessa e richiede ulteriori ricerche per trovare soluzioni efficaci.

PFAS, Svezia

Perfluorinated alkylated substances (PFAS) in the nordic environment

Le acque sotterranee contaminate da PFAS sono state inavvertitamente utilizzate come approvvigionamento di acqua potabile in Svezia e questo ha portato 15 anni fa ad uno screening ambientale svolto dal Dipartimento di scienze ambientali di Stoccolma. Nel 2013 l’attenzione rivolta a questo tipo di sostanze è aumentata in seguito alla chiusura di un acquedotto basato sulle acque sotterranee a causa di concentrazioni di PFAS fino a 10 000 ng/L nell’acqua potabile; anche nel 2012 ad Uppsala in seguito a delle analisi svolte sono stati riscontrati PFAA, tra gli altri PFOS e PFAS, nell’acqua potabile. Per poter ridurre al minimo l’esposizione della popolazione ai PFAS attraverso l’acqua potabile, l’acquedotto di Uppsala è stato dotato di filtri a carbone che comunque non sono stati del tutto efficaci. Attraverso lo screening delle acque sotterranee sono stati analizzati 502 campioni e i risultati hanno evidenziato una somma media di tutti i 26 PFAS di 8,4 ng/L e le concentrazioni medie per la somma dei 26 PFAS analizzati erano:

  • 487 ng/L nel percolato di discarica
  • 112 ng/L nelle acque superficiali
  • 49 ng/L nelle acque sotterranee
  • 35 ng/L nelle acque reflue superficiali
  • 3,4 ng/ L nei laghi

Al netto di questi risultati l’Istituto geotecnico svedese (SGI) è stato incaricato dal governo di suggerire un valore soglia per i PFAS che nelle acque sotterranee sono stati fissati su 45 ng/L e 0,003 mg/kg per l’uso del suolo. I PFAS sono stati individuati sia nelle acque non trattate che in quelle potabili in Svezia, con un possibile impatto sulla fornitura di acqua potabile per oltre 3,6 milioni di persone. Questa situazione solleva preoccupazioni riguardo alla sicurezza dell’approvvigionamento idrico e alla potenziale esposizione delle persone a queste sostanze chimiche. È fondamentale adottare misure per affrontare questa problematica, garantendo la qualità e la sicurezza dell’acqua potabile per la popolazione interessata.

Poiché i PFAS sono persistenti nell’ambiente e possono accumularsi nella catena alimentare si è ipotizzato che il consumo di pesce proveniente dal Mar Baltico, che può essere contaminato da questi composti, possa contribuire in modo significativo ai livelli di queste sostanze chimiche nel sangue umano. Uno studio su PFOS e perfluoroottanoato (PFOA) nel pesce persico del lago Mälaren ne ha riscontrato livelli elevati e questo ha destato non poca preoccupazione poiché questo lago è un corpo idrico di grande importanza sia per l’attività di pesca commerciale che per quella ricreativa. Si trova in una delle zone più densamente popolate della Svezia ed è considerato una risorsa vitale per la fornitura di acqua potabile. Infatti, il 90% delle persone che risiedono nei dintorni di Stoccolma dipende dal lago Mälaren come fonte di approvvigionamento idrico. Un altro studio ha effettuato prelievi di pesci d’acqua dolce, in particolare persico, nelle vicinanze dei siti di sedimenti d’acqua dolce nella potenziale area di accumulo vicino all’impianto di trattamento delle acque reflue di Kristianstad. I campioni di pesce sono stati raggruppati in pool contenenti in media dieci fegati. Inoltre, sono stati raccolti campioni di merluzzo atlantico sia in un sito vicino alla costa che in un sito al largo, precisamente a Hanöbukten e Hoburgen. Per quanto riguarda le foche grigie, i campioni provengono da tre diverse località sulla costa baltica svedese, precisamente Gästrikland, Uppland e Sörmland e sia nei campioni di merluzzo atlantico che in quelli delle foche grigie è stata riscontrata la presenza di questi composti. L’Agenzia svedese per le sostanze chimiche, insieme ad altre agenzie degli Stati membri dell’Unione Europea, sta lavorando per valutare e regolamentare i PFAS come gruppo di sostanze. L’obiettivo per quello che riguarda le sostanze chimiche è quello di ridurre al minimo e, alla fine, eliminare l’uso dei PFAS e consentirlo solo dove non esistono alternative valide, cioè dove il loro utilizzo è considerato fondamentale per la società e quindi non sostituibile nel breve periodo. In Svezia esiste l’obbligo legale di segnalare i PFAS deliberatamente aggiunti ai prodotti chimici al registro dei prodotti dell’Agenzia svedese per le sostanze chimiche. Molto interessante in questa ottica è il progetto Zero PFAS II che rappresenta una partnership all’interno della regione del Mar Baltico con l’obiettivo di intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni di PFAS.

Bibliografia