Il 6 ottobre 2022 si è compiuto il nostro CONVEGNO NAZIONALE relativo ai PFAS, nel quale si è discusso ampiamente non solo dell’inquinamento primario dei PFAS ma anche quello secondario attraverso l’ingestione di cibi contaminati e il contatto con i MOCA (materiali e oggetti a contatto con gli alimenti), il convegno si è svolto all’interno del parco dell’Appia Antica, nella suggestiva ex Cartiera Latina che simbolicamente, con l’acqua del fiume Almone, richiama il focus del nostro argomento.

Al convegno hanno partecipato i maggiori esperti del caso appartenenti a diverse Università italiane, CNR e ISS. L’intensità degli argomenti sviluppati ha stimolato il comitato scientifico ad istituire una commissione per la produzione e divulgazione in materia, nonché la fornitura, alle principali istituzioni (Ministero dell’Ambiente, Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità) di materiale per la ricerca, lo studio e l’adeguamento normativo sugli inquinanti.

Gli atti del convegno saranno pubblicati nel mese di novembre sulla nostra rivista- La Rivista di Scienza dell’Alimentazione- Journal of Food Science and Nutrition.

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti chimici molto stabili, largamente impiegati soprattutto nell’industria tessile e chimica come impermeabilizzanti per tessuti, tappeti e pelli e per il rivestimento di contenitori per il cibo.

Data la loro grande stabilità chimica sono ampiamente diffusi in natura, sia a livello di falde acquifere che nei vari livelli trofici andando a risultare in una contaminazione costante della catena alimentare.

Nella prima parte del convegno si è parlato proprio della grave presenza di queste sostanze nella filiera agroalimentare che persistono per molti anni sia nei prodotti di origine animale che negli organismi viventi come l’uomo e le piante.

Nelle piante queste sostanze si accumulano a seconda della struttura chimica, i PFAS a catena corta li ritroviamo nella parte apicale mentre i contaminanti a catena lunga si addensano sulla parete esterna delle radici.

Nell’uomo invece questi composti si accumulano in tutti i distretti tissutali, non solo nell’adipe, in particolare l’organo più colpito è il fegato, con un’emivita differente a seconda della lunghezza della molecola chimica.

La situazione cambia nella filiera ittica dove l’accumulo varia in base alla specie di pesce considerata.

Essendo sostanze bioaccumulabili la loro concentrazione viene amplificata a mano a mano che si sale lungo la catena trofica, partendo dall’acqua vanno a contaminare suolo, vegetazione, coltivazioni, bestiame e di conseguenza l’uomo.

Durante la seconda parte del convegno sono stati affrontati invece gli argomenti dell’esposizione all’uomo di queste sostanze e delle conseguenze sulla salute. Grazie a diversi studi sono state riconosciute diverse differenze tra uomo e donna sia riguardo l’emivita degli inquinanti, che sembra essere minore nelle donne (2,8 anni) e maggiore negli uomini (4-10 anni), sia riguardo gli effetti sull’organismo.

I PFAS sono in grado di causare un’ampia gamma di effetti collaterali che interessano, tra gli altri, l’apparato riproduttore, i reni e la tiroide. A livello medico questi composti sono riconosciuti come interferenti endocrini andando ad alterare il nomale livello degli ormoni, responsabili dello sviluppo, del comportamento, della fertilità e di altre funzioni cellulari essenziali.

Inoltre, sembrerebbe che queste sostanze creino una maggiore estrogenizzazione del corpo e conseguente minor androgenizzazione, poiché la struttura fluorurata della molecola andrebbe a bloccare i recettori degli androgeni e quindi l’ingresso del testosterone nelle cellule, sebbene il corpo continuerebbe a produrlo.

Dal punto di vista biologico queste sostanze hanno un comportamento epigenetico tanto che nell’adulto possono portare ad uno sviluppo patologico di diverse malattie: tra cui tumore ai reni, cancro ai testicoli, malattie tiroidee, ipertensione gravidica, coliti ulcerose e molte altre. In particolare, PFOA, PFOS e altri composti simili hanno mostrato di avere attività epigenetica e quindi interferire con la comunicazione intercellulare, fondamentale per la crescita della cellula, aumentando così la probabilità di crescite cellulari anomale con conseguente formazione di tumori, specie in caso di esposizione cronica.

Recenti studi hanno dimostrato come queste sostanze abbiano un grave effetto durante la gravidanza portando a malformazioni fetali, anomalie dello sviluppo e diabete gestazionale.

Anche il comportamento alimentare può avere un effetto su queste sostanze, ad esempio l’ingestione di fibre e coleretici, in particolare, quelli naturali come l’estratto di carciofo può ridurre il livello ematico di queste sostanze.

Negli ultimi interventi del convegno si è parlato dell’aspetto normativo e dei processi innovativi per il trattamento dei PFAS.

In America il limite massimo stabilito dalle autorità competenti è fissato a 100 ppm (parti per milione) invece a livello europeo il limite attuale nelle acque potabili è di 0.5 µg/L per tutti i PFAS, ulteriori restrizioni dovrebbero essere in arrivo nel 2023.

Dott. Vincenzo Cordiano – ISDE

Prof.ssa Panseri – UNI MILANO

Dott. Andrea Di Nisio – UNI PADOVA

Sergio Bernasconi – UNI PARMA

Avv. Matteo Ceruti

Dott. Leonello Attias – ISS